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La risposta che serveNome: Salvatore Perri Data: 22.06.2012Il dibattito fra Krugman e Zingales sulla strategia efficiente per uscire dalla crisi dell’Eurozona per certi aspetti può essere rappresentato come la scelta del male minore da sacrificare affinché si ritorni su un sentiero di crescita accettabile.
Un guadagno in cambio di un sacrificio. Per Krugman si può sacrificare la politica monetaria allentandone i vincoli, introducendo elementi discrezionali che consentano di usarla come stimolo alla crescita, concordandola magari a politiche fiscali meno austere, anche a costo di generare inflazione.
Secondo Zingales invece, l’indipendenza della BCE è un bene irrinunciabile, perché se la politica monetaria dovesse generare inflazione, ci sarebbe una redistribuzione del reddito non decisa in modo democratico. Si potrebbe invece sacrificare la funzione di stimolo della politica fiscale, riducendo le spese in alcuni settori ad esempio.
Tuttavia, quello che sta accadendo adesso è proprio quello che Zingales considera il male peggiore. La scelta della Bce di aumentare le linee di credito per le banche private, consente alle stesse di avere moneta al costo dell’1% ed investirla nei titoli degli stati indebitati ricavando tra il 5 ed il 7%. Per pagare questi interessi gli stati nazionali dovranno aumentare le imposte o ridurre le spese, in ogni caso devono redistribuire reddito, a meno che non si ipotizzi una crescita dell’economia reale del 7%. Questo accade perché le banche non vedono prospettive di profitto, e di conseguenza investono sul certo, stato indebitato con garanzie reali e possibilità di tassare, rispetto all’incerto profitto delle imprese. Questo meccanismo è accentuato dall’assicurazione statale concessa alle banche, che quindi in ogni caso non falliranno, mentre il debito pubblico aumenterà con certezza.
Un eventuale intervento temporaneo della Bce, e delle banche centrali, affinché ci sia un coordinamento con nuovi programmi di sviluppo, finanziabili anche con emissione di nuova moneta (alla Krugman) avrebbe due effetti positivi certi: la riduzione del debito (in termini reali) e l’allentamento della pressione speculativa sui tassi di interesse. Il potenziale effetto negativo, ovvero l’aumento dell’inflazione, è invece incerto in quanto il prodotto nella zona Euro è in caduta, ed in Italia è fermo da molto tempo. Diviene difficile ipotizzare un’ondata inflazionistica forte in un momento di crisi così violenta, inflazione che sarebbe invece sicura ed a 2 cifre per i paesi che dovessero fallire ed uscire dall’Euro.
Pertanto la risposta che serve è europea, deve coinvolgere la politica fiscale e quella monetaria per allentare i vincoli del debito.
Continuare ad insistere su un piano di rigore, congiuntamente al vincolo di bilancio in costituzione e senza intervento della Bce, contribuirebbe soltanto ad una caduta cumulativa dei consumi ed alla distruzione permanente di capacità produttiva, senza che questo generi né un miglioramento della situazione del debito né la ripresa economica.
venerdì 22 giugno 2012
La risposta che serve. Da "La Voce.info" di oggi
http://www.lavoce.info/lettere/
mercoledì 13 giugno 2012
Krugman, Zingales e la politica monetaria dell'Eurozona
Con la crisi che avanza, la ricchezza che diminuisce
e l’euroscetticismo che raggiunge livelli preoccupanti, ritorna anche il
dibattito storico fra “interventisti” e “rigoristi” nella gestione della
politica monetaria, della BCE in questo caso.
Rispondo, a mia volta, alla replica che Luigi
Zingales offre alle analisi di Paul Krugman, nell’articolo “L’indipendenza da
preservare”, pubblicato da “Il sole 24 ore” il 27 Aprile 2012, all’indomani
della vittoria di Hollande in Francia.
Krugman stà proponendo quale ricetta per uscire
dalla crisi, un intervento delle autorità monetarie che, allentando i vincoli
sull’emissione di nuova moneta, potrebbero contribuire a ridare ossigeno alle
economie europee (ma anche a quella americana) strette da una crisi che stà
minando alla base i fondamentali produttivi.
Zingales contesta questa soluzione sulla base di due
convincimenti: il primo, di ordine economico, è che l’aumento della base
monetaria con funzioni di stimolo al sistema economico ci riporterebbe ad
un’inflazione stile anni ’70, il secondo, di ordine tecnico-morale, è che
essendo il banchiere centrale non eletto, non spetterebbe ad esso il potere di
riallocare risorse economiche, potere che spetterebbe solo ad organismi eletti
quali i governi.
Zingales di conseguenza, obbedendo alla più
ortodossa tradizione liberista, si oppone ad espansioni monetarie e propone
forme “mirate di rinegoziazione del debito”, che messe in pratica dal governo,
scontenterebbero qualcuno, ma sarebbero gestibili con più equità rispetto ad
un’ondata inflazionistica.
A mio avviso la lettura di Zingales, pur avendo
elementi interessanti, è criticabile in più di un punto .
In primo luogo, non abbiamo certezza che un’espansione
monetaria della BCE provochi necessariamente inflazione, o livelli elevati
della stessa. Da quando esiste l’Euro non è mai stato così, anche quando la BCE
è intervenuta rilasciando il tasso di interesse all’indomani dell’avvento di
Draghi.
In secondo luogo perché la BCE stà già espandendo
l’offerta di moneta, ma con un meccanismo abominevole che si stringerà come un
cappio attorno al collo dei paesi indebitati.
La BCE ha prestato all’1% enormi quantità di moneta
alle banche private, le quali comprano titoli di Stato che renderanno nel tempo
dal 5% al 7% circa. Di conseguenza
queste somme di denaro arrivano agli stati (espansione monetaria) ma il debito
aumenta, il surplus che le banche riceveranno sarà pagato dai cittadini
italiani sotto forma di tasse o riduzioni di spesa.
Questo meccanismo, ingiusto, immorale,
antidemocratico, è posto in essere proprio da un organo non eletto.
C’è di più, il governo Monti, non eletto, quindi non
in grado secondo Zingales di riallocare risorse, ha assicurato, attraverso lo Stato,
le banche private dal fallimento. Ergo, se il surplus pagato dallo Stato non
basta, interverrà ancora lo Stato, quindi i cittadini.
Rimuovere temporaneamente il vincolo che ha la BCE
di non prestare all’1% agli stati membri in modo diretto, durante una crisi
come quella odierna, non è detto che debba necessariamente provocare inflazione
visto che il prodotto è in caduta. Avrebbe invece un immediato effetto
deterrente sulla speculazione, in termini di spread.
Al contrario, aspettare ancora, potrebbe voler dire
far deteriorare capitale infrastrutturale (impianti industriali) ed umano
(lavoratori) facendo si che a crisi finita (se e quando), la capacità
produttiva potrebbe essere di molto inferiore a quella odierna, cosa che
potrebbe ridurre le prospettive di sviluppo europeo per decenni.
In definitiva, mettere da parte l’integralismo
economico, intervenire con un mix di politiche fiscali e monetarie concordate a
livello europeo, incluse forme di rinegoziazione del debito (almeno quello nuovo
con le banche che ho descritto prima), potrebbe essere la strategia a cui
Krugman fa riferimento nei suoi appelli contro l’austerità a tutti i costi.
Non sempre è necessario essere bianchi o neri, ci
sono molte gradazioni di grigio oggi in Italia ed in Europa, come dimostrano i
governi tecnici che riallocano la ricchezza, pur non essendo eletti.
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