giovedì 29 novembre 2012

La logica della BCE



Salvatore Perri

Il crescente dissenso dell’opinione pubblica europea nei confronti della politica monetaria della BCE è essenzialmente dovuto alla percezione (corretta) che la stessa BCE si preoccupi molto del sistema bancario e finanziario e per nulla dei problemi dell’economia reale. Tuttavia, quello che non è sufficientemente chiaro all’opinione pubblica è che un tale comportamento della BCE è dovuto ai vincoli stabiliti da accordi fra gli stati membri (per gli strumenti utilizzabili) determinati da vincoli ideologici che legano la politica della BCE alle teorie neoclassiche e monetariste. Il senso di questo mio contributo è che entrambi i vincoli sono superabili rendendo la BCE uno strumento che contribuisca a risolvere la crisi, anziché ad acuirne gli effetti.

Quando ho detto ad una mia amica che avrei voluto spiegare perché la BCE si comporta in questo modo lei mi ha risposto: “lo so io, perché sono una massa di str….”. Questo la dice lunga sull’opinione che attualmente si ha nei confronti di questa istituzione, ma lo strumento BCE non coincide con le Politiche della BCE, è come un coltello, si può utilizzare per tagliare il pane o per uccidere. Ma la colpa non è dello strumento ma è di chi lo usa, male.

La BCE ha, tra gli altri, il compito di garantire la stabilità monetaria attraverso la gestione dell’offerta di moneta. Ciò avviene attraverso l’acquisto e la vendita di titoli (operazioni di mercato aperto) ed attraverso la gestione dei tassi d’interesse. L’assunto di base è che la BCE deve essere indipendente dagli stati membri e deve occuparsi solo del controllo della stabilità dei prezzi, oltre al corretto funzionamento del sistema finanziario. Perché accade questo?

La teoria economica neoclassica, nelle sue componenti più estremistiche, suggerisce che la politica fiscale e quella monetaria siano, nel lungo periodo, totalmente inutili nel loro tentativo di aumentare il reddito e ridurre la disoccupazione. Politiche fiscali espansive (spesa pubblica) e monetarie espansive (aumento dell’offerta di moneta) si rivelerebbero nel lungo periodo inflazionistiche, senza alterare le variabili reali (reddito, occupazione).

Siamo di fronte alla perfetta applicazione della teoria quantitativa della moneta, secondo cui ogni aumento della quantità di moneta in circolazione si riflette proporzionalmente sul livello dei prezzi. Che cosa fa quindi la BCE? Mantiene stabili i prezzi in Europa agendo sull’offerta di moneta.
Perché non si occupa di stabilizzare anche i livelli occupazionali ed il reddito? Perché sempre le teorie neoclassiche suggeriscono che varare politiche monetarie “discrezionali”, altererebbe la credibilità della BCE che non riuscirebbe più ad ottenere la stabilità dei prezzi, in quanto l’espansione monetaria sarebbe con essa incompatibile.

Pertanto la soluzione trovata negli accordi istitutivi è stata la seguente, la BCE si occupa “solo” dei prezzi, mentre i singoli governi europei devono occuparsi della politica fiscale e quindi di reddito ed occupazione.
Si arriva a questo punto per demeriti politici, dell’Italia in primo luogo, poiché all’approssimarsi delle elezioni, i governi tendono ad espandere la spesa pubblica a fini di consenso, una storia che noi conosciamo bene, e che ha creato da noi un “trade off” fra inflazione e debito pubblico.

Detto questo, la politica monetaria odierna è funzionale all’uscita dalla crisi? Ovviamente no, e non bisogna essere scienziati per dirlo, anche se la prova a rovescio è dimostrabile scientificamente. Secondo la teoria quantitativa della moneta, se aumenta l’offerta di moneta aumenta anche il livello d’inflazione, ok, ma se si riduce il PIL? A questo punto la BCE dovrebbe ridurre l’offerta di moneta perché quello precedente non è più compatibile con l’attuale ricchezza prodotta. Questa manovra sarebbe altamente recessiva e quindi si potrebbe aumentare l’offerta di moneta per contrastare la recessione e riportare il PIL al suo livello ante-crisi?

La risposta all’ultima domanda è si, ma questa sarebbe una politica monetaria anticiclica, una di quelle strategie vietate dai trattati, che si basano sulle suddette teorie economiche neoclassiche.
Qual è la soluzione a questa trappola? Modificare i trattati, introducendo la possibilità di deroghe in caso di crisi, che consentano alla BCE di acquistare titoli dei paesi membri, titoli finalizzati a garantire la ripresa economica attraverso investimenti infrastrutturali, tecnologici e sociali. Non le auto di Batman per intenderci.
La BCE potrebbe vigilare, assieme alla Commissione Europea sul “come” si debbano spendere questi soldi. Ed evitare quindi gli abusi che noi conosciamo.

Questa politica economica non sarebbe necessariamente inflazionistica, in quanto le economie Europee sono ben lontane dal “pieno impiego”, sia di lavoratori che industriale, e sono proprio i neoclassici che ci dicono che l’espansione monetaria è inflazionistica se si parte da un livello del PIL prossimo a quello di pieno impiego. Inoltre, l’espansione monetaria attuata dalla BCE sarebbe meno inflazionistica e meno distorsiva di una qualunque politica attuata da un singolo stato.

In conclusione, la BCE non è un totem ma è uno strumento imprescindibile per l’ordinato funzionamento degli scambi in Europa. Un’altra cosa è criticarne le politiche, che non sono discrezionali, ma per scelta, questa si sbagliata. La soluzione è aprire una ridefinizione dei compiti e delle opportunità a disposizione del banchiere centrale, affinché egli possa intervenire tempestivamente in caso di episodi recessivi acuti. Il tutto coordinato efficientemente con le politiche fiscali degli stati membri. Questo sarà possibile quando maturerà nei soci dell’Eurozona la consapevolezza che i tempi sono ormai maturi per riformare i trattati ed avvicinare le istituzioni comunitarie alle esigenze dei cittadini europei.


mercoledì 14 novembre 2012

La riforma Fornero delle pensioni è equa?



Salvatore Perri

Una riforma, che possa essere definita tale, di uno qualsiasi dei presidi sociali fondamentali dello stato, ha il compito di rimuovere le distorsioni attuali e garantire la stabilità del contesto socio-economico a lungo termine.

Questa definizione, evidentemente troppo complessa, sfuggiva alla comprensione della Gelmini in tema di scuola almeno quanto sfugge oggi a Michel Martone in tema di pensioni, dato che ieri si è prodotto nell’ennesimo spot televisivo volto a screditare ulteriormente (se ce ne fosse bisogno), sia il valore dei ministri e sottosegretari “tecnici”, sia quello del mondo accademico in generale.

Il tema è l’equità della riforma Fornero delle pensioni. Secondo Michel Martone è equa perché ristabilisce un corretto legame tra le generazioni che posso facilmente riassumere nella frase “ognuno per se e Dio per tutti”. Infatti bisogna essere fortemente credenti nell’esistenza di un paradiso fantastico per credere che i provvedimenti in tema di pensioni assicurano la “stabilità sociale” nel lungo periodo.
Secondo Fornero-Martone, la distorsione era rappresentata dal fatto che il sistema retributivo assegnava ai pensionati di oggi più risorse di quelle che avranno in futuro i giovani.

Bisogna subito tranquillizzarli, il problema della pensione della “generazione X” a cui io appartengo, non si pone, in quanto in nessun caso, un lavoratore precario che ha cominciato a lavorare ad esempio nel 2002, potrà aspirare ad una pensione superiore a quella sociale. Sono calcoli semplici, Martone può farli come compito a casa.
I contributi versati dai precari, pochi e super tassati con aliquota paranormale, sono stati utilizzati per pagare le pensioni anche ai Vescovi (come ha dimostrato uno studio del Sole 24 ore), in quanto la cassa dei contributi a tempo determinato era in avanzo, essendoci oggi moltissimi precari al lavoro e quasi nessun precario pensionato.
Fra 30 anni ci sarà una massa di precari che busseranno all’Inps e casse vuote, compito 2: trovare l’equità. 

Per essere equi fino in fondo, i tecnici hanno spedito a casa senza lavoro ne pensione gli ormai famosi “esodati”, l’equità si trova facilmente, mica possono soffrire solo i precari, quindi un’equità nella sofferenza. La logica è che l’età pensionabile deve aumentare, così si pagano meno pensioni, la gente prima o poi è destinata a morire. Questo permette di abbassare drasticamente il monte pensioni complessivo per oggi ed anche per domani, dato che il precario che andrà in pensione potrà aspirare ad un massimo di 500 euro mensili, pur avendo svolto nella vita lo stesso lavoro di un lavoratore a tempo indeterminato, possiamo chiamarla equità nelle mansioni?

Per completare il concetto di equità che hanno in testa i tecnici, c’è da ricordare che non si è impostato un tetto massimo ai pensionati del settore pubblico, che non si è revocata la possibilità di cumulo per 2 o più pensioni del settore pubblico e che si è ben lontani da porre un tetto “decente” agli stipendi ed alle buonuscite dei managers e dirigenti del settore pubblico.
In questo caso l’ostacolo è il “diritto acquisito”, chi ha pagato contributi enormi perché intascava stipendi enormi, pagati dai contribuenti, ha diritto a ricevere pensioni enormi. Tale ostacolo si aggira facilmente per gli “esodati” e non si può applicare ai precari ed ai disoccupati perché uno stipendio vero non lo vedranno mai.

L’equità in salsa Fornero-Martone è equità “contabile” non “economica”, aggiusta i conti per oggi, non garantisce la stabilità a lungo termine, perché eventuali rivolte sociali sono un fattore “economico” di cui si deve tenere conto.

C’è un altro problema, senza necessariamente essere prosaici, la riduzione delle erogazioni pensionistiche presenti e future garantisce, come tutte le misure recessive, una caduta dei consumi e quindi del PIL tanto più accentuata quanto colpisce gli individui a basso reddito. 

Martone non lo sa e tutti i giorni dà la colpa al debito pubblico, qualcuno gli spieghi per favore che riducendo il PIL è impossibile ridurre il peso del debito, che è infatti aumentato nel periodo delle riforme recessive della coppia Fornero-Monti, come avevo ampliamente previsto molti mesi fa in alcuni articoli tra cui questo http://www.informarexresistere.fr/2012/04/24/la-follia-del-pareggio-di-bilancio-costituzionale/#axzz1siIA1fkW