venerdì 3 febbraio 2012
Il "Licenzia Italia".
Il decisionismo di Fornero e Monti nel proporre una revisione (non si sa quanto drastica) dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori, riporta il tema al centro dell'attenzione, scatenando un dibattito dai temi per certi versi assurdo.
Quando si decide una modifica normativa su un tema così delicato si cerca di orientare la discussione sul futuro che si desidera, rispetto al futuro che potrebbe realmente esserci, perchè siamo nell'Italia del 2012, che ha una sua struttura economica, una sua struttura sociale e che ha sopratutto delle caratteristiche peculiari, che potrebbero rendere inapplicabili sistemi normativi funzionanti altrove.
Proverò ad analizzare l'insieme delle argomentazioni a supporto di una liberalizzazione totale del mercato del lavoro, ed alcuni dei suoi possibili effetti, diretti ed indiretti.
1) Il mercato del lavoro in Italia non funziona perchè è troppo rigido, maggiore apertura creerebbe nuovi posti di lavoro.
Secondo questa prospettiva, sostenuta dagli economisti di scuola Liberista, dando piena libertà di licenziare per motivi economici si aumenterebbe la mobilità sociale e verrebbero così ad aumentare i posti di lavoro complessivamente disponibili sel sistema Italia. Il processo in sè appare misterioso, come è possibile creare posti di lavoro licenziando? Nessuno lo sà. Questa soluzione avrebbe un senso se in Italia mancassero i disoccupati e quindi "liberando" forza lavoro in un settore in declino si potrebbe spostarla verso i settori in forte crescita. Il valore del tasso di disoccupazione, della cassa integrazione e del precariato, mi fanno concludere con una certa serenità che non sia questo il caso.
Aumentare la possibilità di licenziare, in un momento di stagnazione economica e di difficoltà di sbocco delle merci, nel breve-medio termine creerebbe solo nuova disoccupazione.
2) Le imprese non possono licenziare.
Falso, non possono farlo per motivi discriminatori, se così fosse non ci sarebbero in Italia le migliaia di vertenze sindacali che conosciamo oggi. Addirittura esistono casi come quello di CAI-Alitalia nel quale si mettono operai in cassa integrazione per assumerne di precari (con un costo doppio per lo stato) oppure il caso OMSA nel quale le lavoratrici vengono licenziate in Italia ed assunte in Serbia. Agevolare i licenziamenti per "generici" motivi economici porterebbe in Italia gli stipendi della Serbia. Bassi salari corrispondono a bassa produttività, ed una riduzione del monte salari complessivo comprimerebbe i consumi ed i risparmi, e quindi secondo tutte le teorie economiche accellererebbe la crisi.
3) Le imprese non possono assumere.
Altra falsità, in Italia allo stato attuale esistono 46 forme contrattuali flessibili (ma non mi stupirei di averne dimenticato qualcuna). Questo rende l'Italia il paese a più alta flessibilità in entrata del mondo occidentale. I risultati di questa sfavillante miglioria sono sotto gli occhi di tutti. Bassi salari, contratti di brevissima durata, l'incentivo di sbarazzarsi dei lavoratori entro i 3 anni per evitare le assunzioni, la proliferazione di truffe a vario titolo con vere e proprie "simulazioni" contrattuali. Contrariamente a quello che si sosteneva in fase di approvazione di queste norme salvifiche, il lavoro non è aumentato, i nuovi assunti sono per la gran parte precari, il lavoro precario è stato utilizzato dal settore pubblico per aggirare il bocco delle assunzioni e sopratutto, si è creata una generazione (direi 2) di "desaparecidos" contributivi che potranno aspirare al massimo alla pensione sociale minima (se non verrà riformata anch'essa).
4) Le aziende straniere non investono in Italia a causa dell'eccessiva rigidità del mercato del lavoro.
Secondo un'indagine recente le imprese straniere non investono in Italia perchè il processo civile è tra i più lunghi al mondo. La priorità non sarebbe quindi poter assumere e licenziare visto che, tra l'altro, ci sono le 46 forme contrattuali per assume e le corrispondenti 46 per licenziare senza incorrere in sanzioni. La farraginosità della burocrazia e l'eccesso di corruzione fanno si che le imprese straniere sane rifuggano dal nostro paese, ma forse aggredire questi problemi è più difficile che prendersela con la FIOM, che è un nemico più semplice da affrontare.
5) Si è creata una disparità di trattamento fra lavoratori garantiti e non.
Vero, ma questo si è creato appunto con le forme di lavoro precario, un modo serio di affrontare la questione sarebbe quello di ridurle a poche forme chiare, con le tutele del caso che servano a garantire la continuità contributiva (ma anche la continuità dei consumi e dei risparmi). Insistere sull'aumento della precarietà come primo punto è un modo per eludere il problema. Si corre concretamente il rischio di destabilizzare definitivamente la struttura sociale del paese.
6) Il posto fisso è noioso.
Volendo chiudere con una battuta, in Italia nessuna legge impedisce di licenziarsi e cambiare lavoro, lo possono fare tutti, ma non ho mai incontrato un professore universitario che abbia cambiato mestiere, a parte quelli della mia generazione che professori non lo saranno mai, parlare dalla sua posizione Prof. Monti, anche dal punto di vista pedagogico, è stato di pessimo gusto, mi ha ricordato un celebre megadirettore naturale dei films di Fantozzi...... "voi cari inferiori...".
Salvatore Perri
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