Mano a mano che si riempie di dettagli, la storia
dei finti titoli di studio che riguarda i vertici politici della Lega Nord
assume sempre più un significato allarmante ed offensivo. Allarmante sul piano
etico, se si pensa alla gestione dei fondi pubblici da parte di questi
ex-moralizzatori, offensivo, se si pensa al ruolo che questi ex-governanti
attribuivano al merito nella sfera pubblica.
Non mi iscrivo al gruppo di quelli che continuano a
prendersela con la trota (che è femminile nella lingua italiana), anche perché
il semplice fatto che si sia dimesso rende Renzo Bossi stesso inadeguato alla
politica attuale (Rosy Mauro ha risposto a gesti alla richiesta di dimissioni,
questo la rende congrua al livello dei politici contemporanei).
Quello che non và banalizzato è il ruolo che la
società moderna, e chi ci governa, assegna al titolo di studio.
Questi leghisti hanno preso i voti della gente,
parlando di territori, di istanze locali, nei loro comizi hanno sdoganato
parolacce, insulti, gestacci, pernacchie, insomma non proprio un ambiente
Oxfordiano.
Non mi sarei mai aspettato questa ossessione per le
lauree, una, due, mille, per fare cosa? La realtà è più prosa che poesia, e per
capirlo bisogna riflettere su Francesco Belsito, uno che a vederlo così ad
occhio nudo tanto celtico non sembra.
La laurea a lui sarebbe servita eccome, non è che si
può arrivare ai vertici di Finmeccanica con un diploma, tra l’altro dubbio,
preso a Frattamaggiore.
Quindi? Piace, compro! Meno male che in Italia
fortunatamente riesce difficile comprarsi la laurea, a parte qualche caso che
però finisce nei tribunali, e questo perché la Gelmini non è riuscita a
completare l’opera demolitrice dell’Università Pubblica su cui si stava
applicando.
Di conseguenza si andava in posti più o meno
sconosciuti per prendere lauree improbabili, da convalidare e spendere nei
vertici delle partecipate statali. Oggi Belsito, domani Mauro, Pier Mosca, ed i
figli minori del patriarca a seguire. Perché lavorare? A fine carriera politica
presidenti di società miste. Perché studiare? Cacci la “paccata” di rimborsi
pubblici e ti fai la laurea Albanese tarocca (perché gli studenti Albanesi li
conosco e sono molto meglio della trota), così risparmi tempo e tutto
quell’armamentario di sani pugni e testate al muro, che ogni studente
colleziona durante le giornate di studio più amare.
Peccato veramente, fossero stati fermi arrivava
l’indulto anche qui, si azzera il valore legale del titolo di studio, ed ecco
che la trota può fare il presidente dell’Eni. Questo caso esplica perfettamente
perché il valore legale del titolo deve rimanere, altrimenti tanto vale
legalizzare corruzione e raccomandazioni.
La parte triste della vicenda, riguarda l’invidia di
questi poveracci nei confronti di quell’esercito di terroni precari che invade
il nord con lauree vere, facendosi centinaia di chilometri per un’ora di
lezione, senza mai un rimborso (perché mica sono parlamentari), ma con dignità.
Possibile che sia vero? Come fanno a crederci,
sicuramente saranno lauree stampate dalla ndrangheta, dottorati della papuasia,
scuole di specializzazione ubicate in qualche sottoscala.
La verità è più dura, per questo voglio chiudere con
una nota di speranza, se hanno tutta questa voglia di laurearsi un modo c’è,
non è difficile. Al limite qualche meridionale precario che dà ripetizioni
private di Economia si trova.
L’importante è che emetta fattura.
Salvatore Perri
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