venerdì 4 maggio 2012

La Trota, le finte lauree e i ladri veri


Mano a mano che si riempie di dettagli, la storia dei finti titoli di studio che riguarda i vertici politici della Lega Nord assume sempre più un significato allarmante ed offensivo. Allarmante sul piano etico, se si pensa alla gestione dei fondi pubblici da parte di questi ex-moralizzatori, offensivo, se si pensa al ruolo che questi ex-governanti attribuivano al merito nella sfera pubblica.
Non mi iscrivo al gruppo di quelli che continuano a prendersela con la trota (che è femminile nella lingua italiana), anche perché il semplice fatto che si sia dimesso rende Renzo Bossi stesso inadeguato alla politica attuale (Rosy Mauro ha risposto a gesti alla richiesta di dimissioni, questo la rende congrua al livello dei politici contemporanei).
Quello che non và banalizzato è il ruolo che la società moderna, e chi ci governa, assegna al titolo di studio.
Questi leghisti hanno preso i voti della gente, parlando di territori, di istanze locali, nei loro comizi hanno sdoganato parolacce, insulti, gestacci, pernacchie, insomma non proprio un ambiente Oxfordiano.
Non mi sarei mai aspettato questa ossessione per le lauree, una, due, mille, per fare cosa? La realtà è più prosa che poesia, e per capirlo bisogna riflettere su Francesco Belsito, uno che a vederlo così ad occhio nudo tanto celtico non sembra.
La laurea a lui sarebbe servita eccome, non è che si può arrivare ai vertici di Finmeccanica con un diploma, tra l’altro dubbio, preso a Frattamaggiore.
Quindi? Piace, compro! Meno male che in Italia fortunatamente riesce difficile comprarsi la laurea, a parte qualche caso che però finisce nei tribunali, e questo perché la Gelmini non è riuscita a completare l’opera demolitrice dell’Università Pubblica su cui si stava applicando.
Di conseguenza si andava in posti più o meno sconosciuti per prendere lauree improbabili, da convalidare e spendere nei vertici delle partecipate statali. Oggi Belsito, domani Mauro, Pier Mosca, ed i figli minori del patriarca a seguire. Perché lavorare? A fine carriera politica presidenti di società miste. Perché studiare? Cacci la “paccata” di rimborsi pubblici e ti fai la laurea Albanese tarocca (perché gli studenti Albanesi li conosco e sono molto meglio della trota), così risparmi tempo e tutto quell’armamentario di sani pugni e testate al muro, che ogni studente colleziona durante le giornate di studio più amare.
Peccato veramente, fossero stati fermi arrivava l’indulto anche qui, si azzera il valore legale del titolo di studio, ed ecco che la trota può fare il presidente dell’Eni. Questo caso esplica perfettamente perché il valore legale del titolo deve rimanere, altrimenti tanto vale legalizzare corruzione e raccomandazioni.
La parte triste della vicenda, riguarda l’invidia di questi poveracci nei confronti di quell’esercito di terroni precari che invade il nord con lauree vere, facendosi centinaia di chilometri per un’ora di lezione, senza mai un rimborso (perché mica sono parlamentari), ma con dignità.
Possibile che sia vero? Come fanno a crederci, sicuramente saranno lauree stampate dalla ndrangheta, dottorati della papuasia, scuole di specializzazione ubicate in qualche sottoscala.
La verità è più dura, per questo voglio chiudere con una nota di speranza, se hanno tutta questa voglia di laurearsi un modo c’è, non è difficile. Al limite qualche meridionale precario che dà ripetizioni private di Economia si trova.
L’importante è che emetta fattura.
Salvatore Perri

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