Salvatore
Perri
Oggi su Economia e Politica http://www.economiaepolitica.it/mezzogiorno/le-concentrazioni-bancarie-alimentano-il-dualismo-nord-sud/#.VGMwNWeoeYk
Prendendo in
considerazione il periodo antecedente la crisi (1989-2007)[1]
balza immediatamente agli occhi una sostanziale omogeneità territoriale del
saggio di risparmio delle famiglie italiane: sostanzialmente da Nord a Sud non
esiste una diversità “culturale” nella scelta fra risparmio e consumo. Inoltre,
sorprendentemente, la regione che ha sviluppato il maggior tasso di crescita
del numero di sportelli è la Campania. Se interpretassimo questi dati solamente
sulla base della teoria economica standard, ci dovremmo aspettare una
sostanziale omogeneità anche negli altri parametri finanziari, ma è proprio qui
che i dati ci raccontano un’altra storia.
Sempre secondo la
teoria standard, risparmio è la base dell'investimento, ma nel tragitto che
porta la ricchezza a trasformarsi intercorrono relazioni fra molte variabili,
non sempre controllabili, connesse alla “stabilità macroeconomica”[2].
In un contesto macroeconomicamente stabile, vi è un’orizzonte temporale
relativamente certo in cui pianificare i propri progetti di investimento e
richiedere agli intermediari finanziari le risorse a tassi “possibili”. Per
contro, laddove il contesto è incerto, per l’azione di fattori socio-economici
incontrollabili, l’investimento diventa un azzardo. Questo appare essere il
caso del Sud in cui a fronte di saggi di risparmio omogenei le sofferenze
raggiungono quasi il doppio rispetto alle regioni del centro-nord[3].
Criminalità, settore sommerso, pervasività della corruzione a tutti i livelli
agiscono come elementi in grado di creare una distorsione dei flussi
finanziari. Pertanto il risparmio ha più difficoltà ad essere “convertito” in
investimento, almeno in loco.
Il periodo considerato
è ricco di “riforme” che hanno riguardato il settore Bancario. Senza entrare
nello specifico, la spinta a competere in un mercato aperto ha comportato l’aggregazione
dei gruppi bancari, fusioni acquisizioni e partecipazioni incrociate. Inoltre,
è finita sostanzialmente la spinta diretta dello Stato nell'indirizzare lo
sviluppo industriale del Sud, sia per quanto riguarda gli investimenti diretti
sia per quanto riguarda la via surrogata della Cassa per il Mezzogiorno. Il
ridotto flusso finanziario pubblico e le difficoltà strutturali dell'economia reale
si sono quindi trasmesse al settore finanziario comportando la sostanziale scomparsa
di un sistema finanziario meridionale autonomo[4].
Ci si aspettava che la
riorganizzazione del settore bancario, sotto la spinta delle normative europee,
comportasse un miglioramento nell’efficienza del credito erogato, ma quando si
analizzano realtà territoriali disomogenee il risparmio di costo può
determinare una selezione territoriale deludente nella distribuzione del
credito. Questo è quello che sembra essere avvenuto. Le banche si sono
accorpate, i centri decisionali sono stati spostati pressoché interamente al
Centro-Nord e le filiali distribuite capillarmente nel territorio del Sud
rimangono quasi esclusivamente con la sola funzione di raccolta. Il credito
viene erogato anche al Sud, ma solo a condizioni estreme rispetto al
Centro-Nord. E ciò comporta che si privilegiano al Sud gli investimenti a più
alto coefficiente di rischio, che di conseguenza, hanno una percentuale di riuscita
minore.
Così si è alimentato
ulteriormente il circolo vizioso che acuisce le distanze fra Nord e Sud.
L'intervento pubblico termina, i consumi pubblici diminuiscono e questi ultimi
sono significativi nello spiegare i divari territoriali. La convergenza in
termini di crescita non c’è, i miglioramenti nell’efficienza di costo del
settore bancario sono stati pagati da un’ulteriore stretta creditizia nei
confronti dei residenti nelle regioni del Sud. Non si interviene sulle
condizioni strutturali del divario: l’inadeguatezza dell’apparato produttivo,
l’insufficienza delle infrastrutture materiali e immateriali, la criminalità, la
corruzione. Così chi si ostina a fare impresa riceve una doppia penalizzazione,
perché paga tasse in linea con la media nazionale ma quando si rivolge al
mercato del credito ottiene una risposta discriminata territorialmente. In
questo contesto, anche i fondi europei hanno dimostrato scarsa efficacia,
seppure con lodevoli eccezioni[5].
Il settore finanziario
“subisce” le ragioni reali del dualismo Nord-Sud, e il conseguente divario di
rischiosità, riflettendole nelle condizioni di credito. E se i centri
decisionali sono posizionati altrove risulta ancora più difficile che ci sia
una spinta ad investire sul rischioso e sull'incerto. Le cause del divario Nord-Sud
sono di carattere reale e il settore finanziario le asseconda: per queste
ragioni le risposte politiche dovrebbero partire da questa consapevolezza.
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