Oggi un mio pezzo su La Voce.info
http://www.lavoce.info/archives/35990/il-prezzo-da-pagare-per-la-tragedia-greca/
L’austerità ha fallito, lo dice anche l’Fmi. E la dimostrazione è la
Grecia. Ma se si arrivasse al default, i paesi europei sarebbero
direttamente coinvolti. La scelta è ora fra piccoli sacrifici
distribuiti fra tutti gli europei o un prezzo molto alto per il popolo
greco oggi e per noi domani.
Tra austerità e default
Il referendum greco sull’accordo di salvataggio è solo l’ultimo di una
serie di tentativi del governo Tsipras di evitare ulteriori misure di
austerità al suo popolo. Se è una strada giusta o sbagliata, nessuno può
saperlo. Alcune cose però si sanno ed è meglio dirle, prima che sia
troppo tardi.
L’austerità ha fallito. Finché a dirlo era solo una parte dell’accademia
considerata a torto o ragione “eterodossa”, il tema poteva essere fonte
di discussione, ma quando uno studio in tal senso arriva direttamente
dal Fondo monetario internazionale a firma Olivier Blanchard e Daniel Leigh,
si può tranquillamente prenderla come una considerazione definitiva. Le
“riforme” chieste alla Grecia hanno accentuato gli effetti della crisi,
poiché una politica fatta di tagli alla spesa, senza un programma di
riforme favorevoli alla ripresa, finisce per ridurre i consumi interni
proprio delle fasce sociali che consumano una porzione maggiore del
proprio reddito. Di conseguenza, la riduzione del prodotto interno lordo
greco ha fatto aumentare il peso del debito in termini relativi,
dinamica illustrata da Marianna Mazzucato
e in atto anche per l’Italia, che nonostante la riforma pensionistica
ha visto crescere costantemente il rapporto debito/Pil negli anni
seguenti l’inizio della crisi.
Il default è un’opzione? In queste ore in Grecia si avvertono i primi
segni dell’eventuale insolvenza. Dalle file agli sportelli bancari, alla
carenza di farmaci nonché di tutti i beni importati in genere. Le
conseguenze di diventare un debitore insolvente sono gravi e immediate, a
cominciare dall’impossibilità di avere nuove linee di credito, il che
comporta immediatamente la difficoltà di approvvigionamento delle merci
importate (tra le quali le materie prime, petrolio e gas).
Successivamente, vista la crisi di liquidità, senza accordo, la Grecia
dovrebbe necessariamente ricorrere a forme alternative di emissione
valutaria creando, di fatto, un sistema a doppia circolazione, in cui la nuova
dracma verrebbe usata solo all’interno, mentre gli euro sarebbero usati
come bene rifugio (nella più classica applicazione della legge di
Gresham, secondo cui la moneta “cattiva scaccia quella buona”).
Le conseguenze di un tale caos si estenderebbero a tutta l’Europa,
attraverso i mancati pagamenti della Grecia ai paesi creditori, ma
colpirebbero prioritariamente proprio le classi meno abbienti del popolo
greco. Inoltre, ogni forma di evento “destabilizzante” provocherebbe
una crisi di fiducia e minerebbe la stabilità dell’intera area, dando
fiato agli attacchi dei fondi finanziari speculativi.
Chi sono i creditori della Grecia
Chi detiene il debito greco? La sua distribuzione, come ricostruita da Paolo Cardenà,
vede come maggiori creditori le istituzioni internazionali: addirittura
il 60 per cento è in mano proprio all’UE (attraverso i fondi Efsf di
stabilità e del fondo “salva stati” Esm), mentre solo il 12 per cento
sarebbe nelle mani dell’Fmi, in questo momento il più intransigente nei
confronti della Grecia. Nell’articolo, si evidenzia come i paesi europei
siano “realmente” coinvolti nell’eventuale default (Germania, Francia e
Italia con 146 miliardi al gennaio 2015)
e come questo trasferimento di proprietà del debito abbia avuto una
dinamica veramente singolare: in pratica le banche private dei paesi
europei hanno scaricato sugli stati, e sulla Bce, il peso del debito
greco dal 2009 a oggi.
In altre parole, il salvataggio della Grecia, anziché salvare il paese,
ha legato a filo doppio il destino dei greci a quello degli altri
europei. Fosse fallita nel 2009, la Grecia avrebbe fatto fallire le
banche europee, trasmettendo lo shock alle economie reali; oggi, un
default di Atene costringerebbe Italia, Francia e Germania direttamente a
manovre correttive di bilancio.
Scenari inquietanti
Cosa si può fare ora? Lo scenario è inquietante, le conseguenze a
breve termine di un default greco potrebbero essere pesantissime e per
questo un accordo deve essere trovato. Ma quale accordo? È impossibile
prendere in considerazione l’ipotesi che siano gli stati europei a
pagare, visto che per esempio l’equilibrio dei conti pubblici italiani
già così è a rischio. Dunque, un piano di salvataggio dovrebbe partire
da alcuni presupposti ineludibili:
1) La riduzione del debito, attraverso uno storno della quota degli
interessi dovuti agli investitori internazionali, proprio quella che ha
autoalimentato il debito negli ultimi anni (attraverso un accordo che
veda come interlocutore l’Unione Europea e non la sola Grecia);
2) La Bce dovrebbe rilevare la quota detenuta dall’Fmi, anche questo
con un accordo “al ribasso” dato che, per ammissione stessa dell’Fmi, le
“riforme” imposte alla Grecia, in cambio dei prestiti, erano errate.
3) Un piano d’investimenti straordinari in Grecia, ma anche una
riformulazione delle richieste, che consideri la necessità di protezione
sociale per le classi meno abbienti (andando verso una convergenza dei
parametri economici anziché esclusivamente dei vincoli finanziari) in
cambio, ad esempio, delle riforme pensionistiche. Si ricordi che sono
proprio Grecia e Italia i due paesi più carenti in questo senso.
È evidente che queste misure avrebbero un costo, anche in termini
d’inflazione, visto che la Bce dovrebbe rompere il dogma del divieto di
politiche espansive. Allo stesso tempo si dovrebbe archiviare
definitivamente il mito dell’austerità espansiva, che si è rivelata
inutile e dannosa come sottolineato più volte anche da Paul Krugman.
In conclusione, la scelta dell’Europa e della Grecia non è quella fra
euro e dracma, tra Alexis Tsipras e Angela Merkel, tra democrazia e
autocrazia, quanto fra piccoli sacrifici distribuiti fra tutti i paesi
europei ed enormi sacrifici per il popolo greco oggi (e per noi domani).
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